Politica e filosofia dopo la fine delle ideologie
Claudio Bazzocchi
Nella tradizione socialista e comunista, la politica si fa filosofia e viceversa.
Essa è infatti il campo nel quale i lavoratori uniti e organizzati potranno porre la questione filosofica per eccellenza, quella del rapporto tra soggetto e oggetto. Le organizzazioni del movimento operaio forniranno ai lavoratori la capacità di recuperare senso alla propria attività per potere trasformare la realtà senza sentirsene schiacciati e alienati, affinché le cose, i prodotti, le idee e gli avvenimenti non si rovescino più addosso a lavoratori passivi, ma possano essere messi a distanza, elaborati simbolicamente e quindi trasformati.
A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, abbiamo assistito al prevalere delle retoriche sulla fine delle ideologie e sui bisogni post-materialistici, sospinti nel cuore della società post-industriale dai ceti della cosiddetta mobilitazione cognitiva. Assieme a queste retoriche, la preminenza del mezzo televisivo e dei nuovi media, nel confronto politico, ha contribuito alla dissoluzione dei partiti di massa, a cui si sono sostituiti partiti liquidi a base carismatica. Il risultato di queste trasformazioni ha visto, da un lato, la polarizzazione dello scontro politico su questioni di tipo morale e personalistico; le retoriche della mobilitazione cognitiva e della democrazia deliberativa hanno prodotto, dall’altro, movimenti civici senza cultura politica e visione del mondo, dediti a singoli problemi e con una forte carica antipolitica, sfociata spesso in veri e propri sommovimenti antisistema (a base comunque padronale al pari dei partiti liquidi), come nel caso del Movimento 5 Stelle.
Il capitalismo dell’ipermodernità consumista è diventato egemonico nella vita di milioni di persone, imponendosi sulle grandi narrazioni che compenetravano filosofia e vita grazie alla lotta politica e al conflitto sociale. Ha messo in campo, infatti, la produzione inesauribile di oggetti ed esperienze in grado di suscitare emozioni e godimenti intensi, a loro volta resi possibili da soluzioni tecniche di grande efficacia comunicativa. La politica ha cominciato a entrare in crisi come campo privilegiato della mediazione e con essa il partito, soggetto principe proprio della mediazione, intesa non tanto e non solo come compromesso, ma soprattutto come sforzo di elaborazione simbolica volto alla compenetrazione tra soggetto e oggetto. Infatti, se gli esseri umani non sentono più la distanza dalle cose, se l’alienazione è finalmente risolta dal consumo e dal divertimento, perché affidare alla politica e ai partiti la costruzione della propria autonomia culturale e della propria libertà?

